PIGNORAMENTO ESATTORIALE SOSPESO DAL GIUDICE.

La vicenda, sicuramente articolata, trae origine dalla notifica da parte dell’Agenzia Entrate Riscossione di un pignoramento presso terzi effettuato sul conto corrente del contribuente per un somma di circa € 80.000,00.

Di seguito le motivazione del provvedimento emesso dall’Ill. Giudice del Tribunale di Catania – sez. Esecuzioni, dott.ssa Laura Messina con il quale viene sospesa l’esecuzione del pignoramento nonché condannata l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. 

TRIBUNALE DI CATANIA

SEZIONE VI CIVILE

Il G.E.,

letti gli atti del procedimento n. 1815/2019 Rg. Es. e sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 9/7/2019; rilevato che                                  si è opposto al pignoramento ex art 72 bis D.P.R. 602/73 ad istanza di Agenzia Entrate Riscossione deducendo: a) la nullità del pignoramento per vizio di motivazione (mancata indicazione del titolo, del dettaglio dei crediti e della natura degli stessi); b) l’intervenuta prescrizione del credito;

rilevato che la società opposta si è costituita chiedendo il rigetto dell’opposizione;

rilevato che nel termine concesso l’opponente ha, altresì, eccepito l’invalidità della costituzione della società opposta essendo la stessa rappresentata da avvocato del libero foro e non dall’avvocatura dello Stato; rilevato che come dedotto a verbale da Agenzia Entrate Riscossione con la L. 58/2019  il legislatore all’art. 4-novies (con norma di interpretazione autentica e dunque con effetto retroattivo)  in materia di difesa in giudizio di AdER ja chiarito che “Il comma 8 dell’articolo 1 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n.

193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, si interpreta nel senso che la disposizione dell’articolo 43, quarto comma, del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, si applica esclusivamente nei casi in cui l’Agenzia delle entrateRiscossione, per la propria rappresentanza e difesa in giudizio, intende non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato nei giudizi a quest’ultima riservati su base convenzionale; la medesima disposizione non si applica nei casi di indisponibilità della stessa Avvocatura delloStato ad assumere il patrocinio.”  

Dalla norma emerge, dunque, che la delibera motivata – cui si riferisce l’opponente-  è necessaria esclusivamente nei casi in cui le controversie vertano su tematiche riservate all’Avvocatura di Stato su base convenzionale.

Laddove, invece, i giudizi riguardino materie ad essa non attribuite, l’Agenzia delle EntrateRiscossione può stare in giudizio mediante propri dipendenti, avuto riguardo della relativa capacità operativa, ovvero mediante avvocati del libero foro, da selezionarsi nel rispetto delle procedure di cui al D.Lgs. 50/2016, senza che sia necessaria alcuna delibera che conferisca loro lo ius postulandi richiesto dall’ordinamento per la valida instaurazione del rapporto processuale; rilevato che Agenzia delle Entrate –Riscossione ha eccepito la tardività dell’eccezione sollevata dal Bontempo in seno alle memorie con riferimento alla mancata notifica delle intimazioni di pagamento ex art 50  del D.P.R. 602/73; a tal proposito  deve ritenersi che la detta eccezione, sebbene formulata genericamente, fosse già contenuta nel ricorso in opposizione laddove il                                  ha eccepito la prescrizione sostenendo di non aver mai ricevuto atti interruttivi successivi alla notifica delle cartelle; rilevato che l’opposizione del                                  è in parte, dunque, qualificabile come opposizione agli atti esecutivi  (vizi proprio dell’atto di pignoramento, mancata notifica delle intimazioni) ed in parte qualificabile come opposizione all’esecuzione (prescrizione); rilevato che i crediti per cui si procede sono in parte di natura tributaria (IVA, IRPEF, Tassa automobilistica) ed in parte di natura non erariale (sanzioni codice della strada, contributi IVS); rilevato che l’eccezione di  carenza di motivazione del pignoramento e di violazione del diritto di difesa del contribuente è  infondata; a tal proposito si precisa che la sentenza della Suprema

Corte n. 26519/2017, richiamata nelle  difese dell’opponente, non ha in alcun modo affermato che è “nullo il pignoramento esattoriale di crediti ex art. 72 – bis se attivato da Equitalia senza indicare il dettaglio dei crediti, ovvero senza specificare se si tratti di imposte, multe, contributi previdenziali o altre sanzioni amministrative”. Basta un esame  integrale della decisione per rilevare che in nessun passaggio della motivazione la Corte ha affermato il principio che il Bontempo vorrebbe invocare, limitandosi la Cassazione a riportare alcune affermazioni contenute nella sentenza del Tribunale impugnata (cfr. pag. 3 “La sentenza impugnata, posta in disparte la questione della regolare notificazione delle cartelle di pagamento o degli avvisi di mora, si fonda su due considerazioni, l’una in punto di diritto e l’altra in punto di fatto. La considerazione punto di diritto è che al  pignoramento presso terzi ex art. 72-bis d.P.R. n. 602/1973 si applica, in quanto non espressamente derogato dalla disciplina speciale e con essa compatibile (art. 49, comma 2, d.P.R. n. 602/1973), il disposto dell’art. 543, secondo comma, n. l, cod. proc. civ., secondo cui l’atto in questione deve contenere l’indicazione del credito per cui si procede. Poiché nell’esecuzione forzata esattoriale gli unici atti che rendono edotto il debitore del contenuto del titolo esecutivo sono la cartella di pagamento ed eventualmente l’avviso di mora, la previsione del requisito contenutistico dell’atto di pignoramento implica quantomeno il riferimento a tali atti…..”) per poi pronunciarsi su diversa questione di diritto, ovvero sulla fede pubblica dell’atto di pignoramento affermando che  lo stesso “sebbene preordinato alla riscossione coattiva di crediti erariali, non acquisisce per ciò stesso la natura di atto pubblico, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2699 e 2700 cod. civ., conservando invece quella di atto processuale di parte”.

Invero, in materia di pignoramento esattoriale, la Cassazione ha affermato, invece, il diverso principio della legittimità del pignoramento motivato per relationem  rispetto all’indicazione degli atti presupposti; non vi è dubbio che gli atti presupposti (nella specie, come si vedrà, le sole cartelle di pagamento) conosciuti dal debitore (circostanza che risulta dalla stessa produzione documentale dell’opposta) contengano sufficienti indicazione in ordine ai crediti per cui si procede e alla loro natura; per cui la motivazione dell’atto prodromico che esprima la pretesa impositiva è sufficiente a portare a conoscenza del debitore la pretesa creditoria, ragione per cui non è necessario che gli stessi elementi si rinvengano negli atti derivati. Nella specie, dunque, il riferimento alle cartelle, in quanto si presuppongono conosciute dal debitore, può ritenersi sufficiente ad individuare il credito, che per il resto è dettagliatamente indicato; rilevato che riguardo alla violazione dell’art 50 del D.P.R. 602/73 l’opposizione è inammissibile con riferimento alle cartelle aventi ad oggetto tributi  sulla base del noto principio espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13913/2017 secondo cui “in materia di esecuzione forzata tributaria, l’opposizione agli atti esecutivi riguardante l’atto di pignoramento, che si assume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta — ai sensi degli artt. 2, comma 1, secondo periodo, 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, 57 del d.P.R. n. 602 del 1973 e 617 cod. proc. civ. — davanti al giudice tributario”  mentre  al contrario la stessa censura è  ammissibile con riferimento alle cartelle aventi ad oggetto crediti non tributari; tuttavia, questo Giudice ritiene assorbito il detto motivo di opposizione nell’eccezione di prescrizione sollevata dal                               , il cui esame richiede comunque una valutazione della regolarità delle notifiche degli atti successivi alla cartella di pagamento al fine di verificare l’esistenza di atti interruttivi antecedenti alla notifica del pignoramento; preme sottolineare che l’ammissibilità della detta censura con riferimento ai crediti tributari dipende dalla circostanza che il            sostiene di non aver mai ricevuto le intimazioni di pagamento; diversamente, qualora emergesse la prova della regolarità delle notifiche delle intimazioni, la censura non potrebbe più ritenersi ammissibile innanzi al Giudice ordinario e ciò alla luce della sentenza n 114/2018 della Corte Costituzionale (così  come interpretata dalla giurisprudenza di merito successiva ed anche da questo Tribunale). 

La società opposta ha depositato (doc. E) la prova dell’invio delle intimazioni di pagamento al                           a mezzo pec. La prima intimazione (n. 07820179000006426, relativa a tutte le cartelle indicate nel pignoramento ad eccezione della cartella con finale 24721000) sarebbe stata  inviata via pec in data 24 gennaio 2017 mentre la seconda intimazione (n.07820189005511706000 relativa a tutte le cartelle di cui all’atto di pignoramento) sarebbe stata inviata in data 7 dicembre 2018  (con esito negativo e conseguente CAD). Relativamente alla detta documentazione, deve osservarsi che la stessa è del tutto insufficiente a fornire la prova della notifica delle intimazioni di pagamento al Bontempo poiché la società opposta si  è limitata a depositare telematicamente la mera scansione in formato PDF delle ricevute di accettazione e consegna delle pec mentre, al  fine di consentire la verifica della regolarità della notifica, avrebbe dovuto  produrre la ricevuta di consegna in formato eml. o msg. trattandosi di documenti informatici; rilevato che in mancanza di valida prova della notifica delle intimazioni di pagamento occorre stabilire se, dalla data di notifica delle cartelle (non contestata specificamente dal. )  possa dirsi o meno decorso il termine di prescrizione. Si osserva preliminarmente che, contrariamente a quanto vorrebbe l’opponente, il termine di prescrizione non è sempre decennale ma dipende dalla natura del credito. Ora, non solo nella specie  i crediti portati dal pignoramento sono di natura mista ma all’interno delle singole cartelle sono presenti differenti voci, relative al tributo (o alla diversa entrata non erariale) nonché alle sanzioni e agli interessi. A tal proposito la Suprema Corte ha chiarito (cfr. ordinanza n. 12715/2016) che se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile (sentenza passata in giudicato), l’obbligazione tributaria principale (IRPEF, IRAP, IVA …) e quella accessoria relativa alle sanzioni ed interessi, non hanno carattere unitario.  Il termine di prescrizione per interessi e sanzione è, infatti, di cinque anni ( previsto dall’art. 20 del d. lgs. 18 dicembre 1997 n. 472) mentre per l’obbligazione principale il termine è decennale, salvo diverso termine più breve in considerazione della natura del tributo e della pretesa. Non vi è chi non veda che è incompatibile con la celerità della presente fase cautelare un accertamento puntuale in ordine ad ogni singola voce delle varie cartelle di cui all’atto di pignoramento al fine di verificare per quali somme sia già maturata la  prescrizione quinquennale e per quali invece non sia ancora maturata la prescrizione decennale; tale accertamento (da effettuarsi nel giudizio di merito) richiederebbe, infatti, di scorporare da ciascuna cartella azionata ogni singola voce ivi riportata al fine di verificare se si tratti di imposta, sanzione o interesse e, conseguentemente, verificare il decorso del termine. Fatta questa premessa, si osserva comunque che – già ad un esame sommario- emerge: a)  con riferimento  cartella n. 07820120000024721000 notificata il 03/02/2012 che risultano prescritti i crediti ivi indicati a titolo di sanzioni ed interessi (relativi all’IVA, al contrario, NON prescritta) e i crediti relativi a sanzioni concernenti violazioni al CDS; b)  con riferimento alla cartella n. 07820120003244945000 notificata il 29/03/2012 risultano prescritti i crediti relativi a sanzioni ed interessi; c) con riferimento all’avviso di addebito n. 37820120000612935000 notificato il 27/06/2012 il credito  risulta prescritto trattandosi di contributi IVS; d) con riferimento alla cartella n. 07820120056338645000 notificata 22/02/2013 risultano prescritti i crediti ivi indicati a titolo di sanzioni ed interessi (relativi all’IRPEF, al contrario, NON prescritta); e) con riferimento  alla cartella n. 07820120059837869000 notificata il 12/11/2012 i crediti ivi indicati (BOLLO AUTO) risultano prescritti (prescrizione triennale); f) con riferimento alla cartella n. 07820120062698936000 notificata 09/01/2013 risultano prescritti i crediti dovuti a titolo di  sanzioni ed interessi (relativi all’addizionale IRPEF, al contrario, NON prescritta); g) con riferimento  all’avviso di addebito n. 37820120001793227000 notificato il 31/01/2013 il credito risulta prescritto trattandosi di contributi IVS e ritenute; h) con riferimento  alla cartella n. 07820130001500467000 notificata 15/01/2014, risultano prescritti i crediti relativi a sanzioni ed interessi (concernenti l’IVA, al contrario, NON prescritta); i) con riferimento all’avviso di addebito n. 37820130000377481000 notificato il 29/04/2013 risultano prescritti i crediti ivi indicati  trattandosi di contributi IVS;  rilevato, pertanto  che – fermo un più approfondito accertamento in sede di merito – sussiste un fumus di fondatezza dell’opposizione, per cui va accolta l’istanza di sospensione; ritenuto che la statuizione in ordine alle spese del sub procedimento di sospensione (pronuncia da rendere ad opera del giudice dell’esecuzione con il provvedimento che chiude la fase sommaria, sia in ipotesi di accoglimento che di rigetto della istanza di sospensione: cfr., Cass. 24 ottobre 2011, n. 22033) va conformata al principio della soccombenza; P.Q.M.

SOSPENDE

l’esecuzione;

CONDANNA

Agenzia delle Entrate-Riscossione –  al pagamento, in favore dell’Erario stante l’ammissione del                     al Patrocinio a spese dello Stato-, della complessiva somma di € 2.832,00 per compensi (ex D.M. 55/2014, procedimenti cautelari di valore fino ad € 260.000, fase introduttiva e decisionale senza alcuna riduzione ex art 130  alla luce del principio da recente espresso dalla Cassazione Sez. 2 , Ordinanza n. 22017 del 11/09/2018 secondo cui “In tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato ex art. 133 del d.P.R. n. 115 del 2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo D.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art. 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità”)  oltre iva e cpa come per legge;

FISSA

termine di 60 giorni, decorrente dalla scadenza del termine per proporre reclamo avverso la presente ordinanza o, ove venga proposto reclamo, dalla decisione del collegio o dalla comunicazione della decisione stessa, per l’introduzione dei giudizio di merito sull’opposizione, secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 616 e seguenti c.p.c., ovvero per la riassunzione della causa innanzi all’ufficio giudiziario competente.

Dà mandato alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Catania, 12/7/2019

Il Giudice

Laura Messina

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