Arrivata l’intimazione, il contribuente si rivolgeva allo Studio Legale Tributario Gambino al fine di verificare se la cartella di pagamento di cui alla predetta intimazione poteva essere impugnata. 

Dopo opportune verifiche, ed accertato che successivamente alla data di notifica della cartelle di pagamento il contribuente non aveva ricevuto alcun successivo atto entro i cinque anni successivi, si provvedeva a depositarie ricorso presso il Tribunale di Catania, Sez. Lavoro, che con Sentenza 5727/2019 ha accolto l’opposizione e per l’effetto a dichiarato la non esigibilità della somma portate dall’intimazione di pagamento e della relativa cartelle di pagamento.

 I principi enunciati: 

Preliminarmente, va precisato che l’ammissibilità dell’opposizione va esaminata d’ufficio dal giudice, anche nell’ipotesi di contumacia dei convenuti, atteso che il termine previsto per l’impugnazione della cartella esattoriale dall’art. 24, comma 5, del D. Lgs. n. 46/1999, avente carattere perentorio, deve considerarsi fissato a pena di decadenza, così come ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione (Cfr.: Cass. 4506/2007; in merito alla rilevabilità d’ufficio della inammissibilità dell’opposizione per inosservanza del termine perentorio di cui all’art. 617 c.p.c., inoltre, Cass. 8765/1997; Cass. 9912/2001; Cass. 17460/2007; Cass. 3404/2004).

In relazione al termine per proporre opposizione al ruolo, il citato art. 24 co. 5 D. Lgs. 46/1999 stabilisce che “contro l’iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all’ente impositore

In relazione al termine per proporre opposizione agli atti esecutivi, l’art. 29 D. Lgs. 46/1999 stabilisce che “le opposizioni all’esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie”, per cui trova applicazione l’art. 617 co. 1 c.p.c., secondo cui “le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti al giudice indicato nell’art. 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto” (il previgente termine di 5 giorni è divenuto di venti giorni a decorrere dal 1° marzo 2006 per effetto delle modifiche apportate dal D.L 35/2005, conv. in L 80/2005).

Al riguardo, la Suprema Corte ha anche di recente ribadito che “In tema di opposizione a cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali, è possibile esperire, con un unico atto, sia un’opposizione sul merito della pretesa oggetto di riscossione, di cui all’art 24 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, sia un’opposizione agli atti esecutivi, inerente l’irregolarità formale della cartella, regolata dagli art. 617 e 618 bis cod. proc. civ., per il rinvio alle forme ordinarie operato dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1999. Ne consegue che, qualora l’opposizione sia stata depositata entro il termine perentorio di quaranta giorni, di cui all’art 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, ma oltre quello di venti giorni, di cui all’art. 617 cod. proc. civ. (come modificato dal d.l.  14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif. in l. 14 maggio 2005, n. 80, vigente “ratione temporis”), va ritenuta la tardività delle eccezioni formali, ossia di quelle attinenti la regolarità della cartella di pagamento e della notificazione”, così superando l’indirizzo in precedenza espresso  da Cass. 14963/2012 (Cfr.: Cass. 15116/2015, che richiama Cass. 25757/2008 e Cass. 18207/2003).

Sul punto va rilevato come il ricorrente abbia proposto un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., cui rinvia l’art. 29 del D. Lgs. 46/1999, poiché ha eccepito soltanto il decorso del termine quinquennale di prescrizione dei contributi maturato tra la data di notifica della cartella di pagamento e quella dell’intimazione impugnata in questa sede.

Dalla documentazione depositata dall’Agente della Riscossione, costituendosi in giudizio, emerge cha la cartella di pagamento n. 293 xxxxx, sottesa all’intimazione impugnata, risulta notificata in data 22.04.2011, personalmente al destinatario, ed in ordine a tale documentazione non risulta essere stata sollevata alcuna contestazione da parte ricorrente.

Ebbene, tenuto conto della data di notificazione della suddetta cartella, il merito della pretesa contributiva non è più contestabile in questa sede ed infatti nessuna censura di tal guisa era stata sollevata.

Riguardo al termine di prescrizione applicabile al caso di specie va evidenziato come l’orientamento fino ad oggi seguito dall’intestato Tribunale era stato quello di considerare che detto termine, anche successivamente alla notificazione della cartella di pagamento, fosse quello previsto dalla legge n. 335/1995, tuttavia, in merito non mancavano orientamenti contrapposti.

Il contrasto giurisprudenziale, comunque, è stato risolto dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite (n. 23397 del 17.11.2016) che ha confermato che la cartella esattoriale in quanto espressione del potere di accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo ed è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato sicché la decorrenza del termine per l’opposizione, pur determinando la decadenza dall`impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione.

Ne consegue che l’azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo non tempestivamente opposto è soggetto non al termine decennale di prescrizione dell’actio iudicati di cui all’art. 2953 c.c. ma al termine proprio della riscossione dei tributi e quindi al termine quinquennale introdotto dalla legge n. 335/1995.

Le difese sul punto della Riscossione Sicilia S.p.A., svolte dopo il citato pronunciamento, appaiono pertanto prive di pregio giuridico.

In proposito va ancora evidenziato come la Cassazione confermando il proprio orientamento afferma che “nella materia previdenziale, a differenza di quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti, siccome esplicitamente stabilito dalla Legge 8 agosto 1995 n. 335, articolo 3, comma 9, con la conseguenza che, una volta esaurito il termine, la prescrizione ha efficacia estintiva (non già preclusiva), l’ente previdenziale non può rinunziarvi, essa opera di diritto, ed è altresì rilevabile d’ufficio e senza che l’assicurato abbia il diritto a versare contributi previdenziali prescritti” (Cfr.: Cass., Sez. Lav., n.  9600 del 18.04.2018; Cass. n. 21830 del 15.10.2014; Cass. n. 23164 del 07.11.2007; n. 23116/2004).

Riguardo al decorso della prescrizione va pertanto rilevato che la notificazione della citata cartella di pagamento ha senz’altro interrotto il termine di prescrizione, che da tale data (22.04.2011) è iniziato a decorrere nuovamente, quindi alla data di notifica dell‘intimazione di pagamento (06.09.2016) il termine di prescrizione era già nuovamente decorso e quindi le somme portate dall’intimazione di pagamento e riferiti  alla cartella di pagamento n. 293 xxxx devono ritenersi non dovute per intervenuta prescrizione del credito.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e trovano liquidazione come in dispositivo, non potendosi ritenere applicabile al caso di specie il precedente giurisprudenziale citato dalla Riscossione Sicilia S.p.A., al fine di supportare la propria richiesta di compensazione delle spese di giudizio, cui viceversa va condannata, essendo l’unica responsabile del verificarsi della prescrizione del credito.

Infatti, il fondamento della decisione del giudice di quella pronuncia era costituito dalla mancanza di un atto pregiudizievole notificato dall’agente della riscossione volto a manifestare la volontà di agire esecutivamente per la riscossione coattiva del credito, che nella specie invece è rappresentato proprio dall’intimazione di pagamento impugnata.