Il Tribunale di Catania, sez. Lavoro nella persona della dott.ssa Lidia Zingales, ha emesso in data 13.7.2022 un condivisibile provvedimento che, in tempi “ciechi” come quelli attuali, quantomeno rasserena le menti sull’efficacia retroattiva o meno delle norme, nonché tenta di equilibrare le posizioni processuali tra fisco e contribuente.

AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE CONDANNATA PER NON AVER ANNULLATO L’ATTO GIA’ IN AUTOTUTELA.

SI ALL’INTERESSE AD AGIRE DEL CONTRIBUENTE E NO ALL’EFFICACIA RETROATIVA DELLA NORMA INTRODOTTA DAL D.L. N. 146/2021, DA APPLICARZI AI SOLI GIUDIZI INTRODOTTI SUCCESSEVAMENTE AL 21.12.2021

Si riporta testualmente quanto evidenziato in sentenza:

“Preliminarmente va disattesa la carenza di legittimazione attiva della ricorrente, alla luce della documentazione depositata in tal senso dalla stessa, che attesta la sua qualità di erede di XX XXXX.
Quanto all’eccepita inammissibilità per carenza di interesse si rileva che questo giudicante non condivide l’interpretazione sull’efficacia retroattiva della norma introdotta dal D.L. n. 146/2021, convertito, con modificazioni, nella Legge 215 del 2021, che ritiene applicarsi viceversa solo ai giudizi introdotti successivamente alla sua entrata in vigore (21.12.2021).
Sul punto, va ulteriormente evidenziato che questo Ufficio non disconosce l’orientamento della Suprema Corte da ultimo espresso con l’Ordinanza n. 6166/2019 depositata l’1.03.2019 ed i precedenti cui essa rimanda, rilevando però allo stesso tempo come tale orientamento non risulta sufficientemente consolidato nella giurisprudenza della Corte per giustificare, allo stato, un discostamento dall’orientamento finora in materia seguito da questo Tribunale.
Inoltre, questo giudicante rileva che proprio il contegno processuale tenuto delle parti, che ben avrebbero potuto adottare un provvedimento in autotutela, a seguito della specifica richiesta della ricorrente ovvero a seguito della notificazione del ricorso con la quale si eccepiva la mancanza di notificazione della cartella di pagamento (neppure provata in questa sede), fa emergere l’attuale interesse della ricorrente ad ottenere un pronunciamento giudiziale volto ad eliminare uno stato di potenziale incertezza derivante dalla persistenza di iscrizione a ruolo di somme ormai prescritte e quindi inesigibili.
Alla luce della documentazione depositata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione e dai chiarimenti resi nelle note depositate in data 01.07.2022, nelle quali viene confermato che il ruolo n. 33/2007 di cui alla citata cartella di pagamento impugnata risulta azzerato, sebbene non risulta chiaro in virtù di quale normativa tale annullamento sia stato eseguito, va dichiarata cessata la materia del contendere, per il venir meno della posizione di contrasto tra le parti e, con esso, sia il loro interesse a proseguire il giudizio sia l’obbligo del giudice di pronunciare sull’oggetto della controversia.
Tale declaratoria risulta assorbente di ogni altra censura sia di rito che di merito sollevata dalle parti.
La cessazione della materia del contendere, sebbene non espressamente contemplata dal codice di rito, costituisce il riflesso processuale del mutamento della situazione sostanziale che fa venire meno la ragion d’essere della lite, a causa della sopravvenienza di un fatto che priva le parti di ogni interesse a proseguire il giudizio, ma non incide sul principio secondo cui il processo civile deve concludersi nelle forme disciplinate dal codice di rito (Cass., Sez. lav., 13.3.1999, n. 2268). I suoi eventi generatori possono essere di natura fattuale, come pure discendere da atti posti in essere dalla volontà di una o di entrambe le parti (come, ad esempio, nel caso di rinuncia alla pretesa, rinuncia all’azione, adempimento spontaneo, transazione o conciliazione).
La deroga al principio per cui il processo dovrebbe restare insensibile ai fatti sopravvenuti dopo la proposizione della domanda si giustifica alla luce del principio di economia dei mezzi processuali (Cass., 21.5.87, n. 4630; Cass., 22.7.81, n. 4719). Sotto il profilo sistematico, la cessazione della materia del contendere viene considerata come l’antitesi dell’interesse ad agire: una volta che sia venuto meno in corso di causa il fondamento stesso della lite – che costituendo una condizione dell’azione deve sussistere fino al momento della decisione – vengono a mancare sia l’interesse ad agire che a contraddire e, con essi, la necessità di una pronuncia del giudice (cfr. Cass., Sez.lav., 6.5.1998, n.4583; Cass., 9.4.97, n. 3075; Cass., 8.6.96, n. 5333), che può essere adottata dal giudice anche d’ufficio (Cass. civ., Sez.un., 28.9.2000, n.1048).
Quanto alle spese di giudizio, tenuto conto dell’annullamento, le stesse possono essere parzialmente compensate e la restante parte va posta, in solido, a carico dell’INPS e dell’Agenzia delle Entrate Riscossione (già Riscossione Sicilia S.p.A.), sia per la mancata attuazione in via di autotutela sia, quest’ultima, perché con il suo operato ha dato corso al maturarsi della prescrizione.